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Marilena Sutera
Marilena Sutera è nata a Fermo (FM) il 31 Gennaio 1959. Si è diplomata in pittura nel 1982 presso l'Accademia delle Belle Arti di Firenze. Frequenta corsi e seminari di specializzazione. Approfondisce la conoscenza della tecnica ad acquerello presso la “Scuola del Vedere” dell’Accademia di Salisburgo, fondata dal maestro Oscar Kokoska. Si specializza nella tecnica di incisione ad acquaforte presso la Scuola Internazionale di Arte Grafica "il Bisonte" di Firenze. Attualmente è docente di Tecniche dell'Incisione e della Serigrafia alla Accademia di Belle Arti di Roma, dopo aver insegnato nelle Accademie di Belle Arti di Firenze, Frosinone, Carrara e Catania.
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contacts

sutera.ms@libero.it

BIOGRAPHY

In 2000/01 she directed the International
Exibition of Graphic arts “Il
segno nella Incisione” for the Foreign
Affair Minister, in 2004 the International
Exhibition of Graphic and
Multimedia Arts” Obiettivo Pax” at
Museo Storico della Fanteria, Roma,
in 2009 the Exhibition of the students
of Accademy of Fine Arts in Rome
“Pensando Osvaldo Licini”CentroStudi
Osvaldo Licini, Monte Vidon Corrado
(Fermo). Reviews by: Luigi Dania,
Andrea B. Del Guercio, Pierpaolo
Castellucci, Nicola Nuti, Mario Conti,
Gabriele Simongini, Gabriele Pulli,
Carla Ascani, Francesca Pietracci,
A. De Signoribus, Gianpaolo Berto,
Iolena Baldini (Berenice), Cristina Del
Ferraro, Sandra Di Coste, Osvaldo
Rossi. An engraving by Marilena
Sutera was chosen by the poet
Sergio Soldani for the cover of the
book "Andana", published by “Tracce”,
Feltrinelli.

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PER MARILENA SUTERA

PRESENTAZIONE DI OSVALDO ROSSI

E’ stata per me una piacevolissima sorpresa incontrare di nuovo, a distanza di anni, Marilena Sutera, questa mia ex allieva al Liceo Classico di Fermo “Annibal Caro”, intorno alla metà degli anni ’70, quando la ricerca di un senso da dare alla propria vita si incontrava con l’esperienza del mio iniziale inse- gnamento. Ora è docente di grafica d’arte all’Accademia di Belle Arti di Roma.

Naturalmente gli anni son passati, ma il suo impegno per l’arte è andato sempre più maturando. Vi è stato un per- corso che l’ha portata, negli anni, ad esplicitare quel mondo interiore che allora, neppure vagamente, potevo intuire.

Era un mondo interiore che, alla fine di quel decennio, gli anni ’70, sembrava aver smarrito il suo elemento di comu- nicazione per eccellenza, il linguaggio, più che in ogni altro ambito soggetto ad usi e “abusi”, a negazioni e superamenti in nome dell’arte.

Ciò finiva per ingenerare una serie di interrogativi sulla non risolta questione dell’arte, sul suo linguaggio, sugli esiti delle prime sperimentazioni, e, tra questi, se la pittura fosse ormai da considerare “superata” o meno; e tante altre questioni ancora.

La discussione sulla pittura riguardava soprattutto, dopo gli esiti dell’informale degli anni ’50, il fatto non più e solo dello specifico linguistico, ma di un oltrepassamento della immagine stessa in direzione di un pensato più originario.

Così l’esperienza dell’arte concettuale, sospingeva la riflessione a ritornare verso il campo aperto della tradizione, sia come citazione “colta” che come Transavanguardia, come continuo scavalcamento del concetto stesso di “avanguardia”.

E’ con questo clima artistico e culturale che ha interagito la formazione artistica di Marilena, per cui possiamo scoprire nel suo operare una linea concettuale e sperimentale reperi- bile nei “totem”, nella partecipazione alla rassegna di video installazioni, del 1996, e una linea espressionistica propria, diversa da quella transavanguardistica, che alla pittura come tale sembra di non aver mai creduto, a metà strada con il cita- zionismo, distante per le sue versioni manieristiche.

Perché a Marilena piace il colore, la sua stratificazione, il cercare una particolare resa, un’emozione, la figura, posta però in un contesto arcaicizzante e memoriale. Due effetti altamente simbolici, stranianti e paradossali.

Si può dire che Marilena ricerchi delle sue figure l’es- senza, quella che conferisce ad esse ieraticità, idealità e contemplazione. Ciò è del tutto evidente in molti quadri qui esposti. Un’essenza per noi primigenia, che rinatura l’uomo, che lo fa sentire parte di un mondo innocente e primordiale, che ha il compito di conservare ed esplorare.

Si tratta ancora una volta di ricorso al mito, a un mondo favolistico che sopravvive solo nel nostro racconto, nel nostro immaginario? Il “racconto” è una dimensione del mito che appartiene già a una fase avanzata di organizzazione civi- le, quello di cui parla la Sutera appartiene a un mondo più arcaico, allude a un suo particolare modo di essere, allude a una “contrazione del divino” (Mu (o) – thos), tale è il significato di mito, che abbracciava tutte le forme dell’esistenza, del vive- re umano.

Forse anche le più recenti esperienze di danza-pittura si ricollegano alla linea concettuale-comportamentale di cui sopra – che non scompare mai nei lavori di Marilena – dove la danza diventa espressione libera della parola e del colore, che si ricongiungono in una “concentrazione” espressiva comune.

FOR MARILENA SUTERA

INTRODUCTION BY OSVALDO ROSSSI
It has been an extraordinary and unexpected pleasure for me to meet again, after a lapse of many years, Marilena Sutera, who happened to be a student of mine at the ‘Liceo Classico’ “Annibal Caro” in Fermo in the mid-seventies, when one’s quest for the meaning of life went together with the experience of my early years as a teacher. Now she teaches graphic art at the Academy of Fine Arts of Rome.

Time has gone by, but her commitment to art has gained greater maturity through the years. She has moved along a path that, in the course of time, has led her to give full voice to the inner world I was hardly able to grasp then.

It was an inner world that, at the end of that decade, the seventies, appeared to have lost its communicative tool par excellence, language, which was liable more than anything else to be used and misused, to be denied and outdone for art’s sake.

This ended up by raising a series of queries about the unsolved issue of art, of its language, about the outcome of the first experiments and, as a consequence, whether paint- ing was to be considered “outdated” by now or not; as well as many other questions.

Following the results of the informal art of the fifties, the discussion about painting did no longer and not only concern the specific issue of language, but involved going beyond image itself in order to achieve a more original, primitive notion.

Thust the experience of conceptual art drove the reflec- tion back to the open field of tradition, meant both as “learned” quotation and as Transavanguardia, the constant reaching beyond the very concept of “vanguard”.

It was with this artistic and cultural climate that Marilena’s artistic education came to interact. This circumstance enables us to find in her way of working a conceptual and experimental line that can be traced in her “totems”, in her participation in the video-installations exhibition, in 1996, and a personal expressionistic line, different to the “transavanguardia” one, which seems never to have believed in painting as such, on the way to “citazionismo”, yet distant owing to its Manneristic versions.

Because Marilena likes colour, its stratification, the search for a special rendering,for an emotion, for shape, but placed within an archaizing and memory-connoted context. Two highly symbolic, estranging and paradoxical effects.

It can be said that what Marilena searches in her fig- ures is essence, which lends them hieratic character, ideali- ty and contemplation.This is apparent in several of the works exhibited here. A primeval essence, which restores man to nature, makes him feel one with an innocent, pristine world he is called to preserve and explore.

Are we confronted once more with an artist resorting to myth, to a fable world that can only survive in our storytelling, in our imagery? The “storytelling” is a dimension of myth that already belongs to an advanced phase of the civilized socie- ty, whereas Sutera refers to something that belongs to a more archaic world, suggestive of her special way of being, a “contraction of the divine”,(mu(o)thos) such is the meaning of myth, which used to embrace all aspects of existence, of human life.

The more recent experience of dancepainting can per- haps be related to the mentioned conceptual-behavioural line – which is never missing in Marilena’s works – where dance becomes the free expression of word and colour, which join together to form a common expressive “concentration”.


…“Sutera rifiuta la retorica dell’astratto, il realismo; cerca di eccitare i valori della grafia e suscitare sensazioni materiche: è una sorta di poetica fuga all’interno di una scena dipinta, dove l’Io vuole diventare “transfuga” in altre creature e situazioni dell’immaginazione. La sua pittura sembra immobilizzarsi, impaurita dalla possibile tracimazione delle emozioni, e comunica un che di timoroso, di falsa tranquillità; perfino il tratto a volte indugia scoprendo asprezze formali che in ogni modo ci

riconducono al mondo arcaico più sognato che cercato dall’artista. Il segno va in cerca di forme che risaltino, aspre ed “antielegiache”, nel tentativo di riconoscersi nelle forme del ricordo: ne deriva un disegno serrato e corposo, teso a conciliare mondo arcaico e memoria privata, e, in ultima analisi mito personale e storia collettiva ... Tra il vedere e l’osservare c’è l’immaginare, come tra luce ed oscurità totale c’è l’ombra. L’ombra impegna la vista, ma è con l’immaginazione che Sutera vuole dare forma a ciò che non è rivelato dalla luce…”

Nicola Nuti, presentazione catalogo mostra personale Galleria “Il Moro” Firenze 1991


…“Oltre e comunque le spoglie stilistiche e il movente di scoprire configurazioni e orditure, decori e forme sul tramite di una scabra fusione fra tinte bianche e nere, si raccoglie una pluralità di interessi che percorrono la strada del mito… Ed è un modo di narrare, appunto, che ripropone il fascino combinatorio fra favola e apologo, simbolo e allegoria, quasi facendo rinascere dalle proprie ceneri la magia di mondi sommersi dove un improbabile bestiario si conguaglia con una stranita architettura medievale e un onirico paesaggio di una natura senza vesti…”

Pier Paolo Castellucci, presentazione mostra personale di Grafica Galleria AxA Firenze 1992


“Forse non esiste scenario migliore di quello del medievale palazzo Datini per ospitare le opere di Marilena Sutera, pittrice marchigiana che espone nella casa del mercante pratese con l’organizzazione dell’Associazione Arte-città Prato ed il patrocinio dell’assessorato alla cultura ... La Sutera ha “fermato” la sua ricerca nel recupero letterario di un mondo medievale, in bilico tra la favola e il simbolismo ... portando agli estremi la sua immaginazione per cui il mondo che rievoca sembra

più sognato che interpretato: ed è soltanto il colore a fare da padrone, a scandire con la sua intensità i momenti narrativi dell’idea che ripropone…”

Da “Il medioevo della Sutera” - La Nazione - novembre 1992


…“Nell’evoluzione ulteriore del suo linguaggio, giovandosi di una tecnica legata a canoni espressionisti, ha affrontato temi complessi, di frequente indistinti, dalla immaginazione e dal sogno, senza negare del tutto la realtà, palesando una indubbia tensione, un commosso stupore…”

Luigi Dania dalla rivista “Il Montani” Fermo 1997

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